Familiar To Millions – 20 Anni Dal Live Familiare Degli Oasis

Ascolto consigliato per la lettura: Oasis – Gas Panic! (Live at Wembley 2000)

Novembre 2000
Sembra passata una vita.
Avevo 13 anni.
Mi ero appassionato alla musica da 3 anni appena e da altrettanti strimpellavo la chitarra.
Quello che vedete in foto è un mix di capitoli della mia vita.
Tra cui, alcuni episodi di quando ho comprato questo disco in alcune delle sue versioni.
Venni a sapere dell’uscita del disco poche settimane prima su Mtv, nel programma “Disco 2000”.
La felicità di un ragazzino di 13 anni che si vede annunciare in diretta tv l’imminente uscita del live album della sua band preferita è qualcosa che nessuno sarà mai in grado di spiegare.

La copertina del live album “Familiar To Millions”


Internet era agli albori.
Per usufruire di quel mondo, andavo a casa di un caro compagno di classe che internet, invece, ce l’aveva.
La mattina del mio primo filone, d’accordo con tutta la classe, dopo aver avvisato i miei che sarei andato a casa del mio amico, da bravo ragazzo, perché il resto della classe aveva deciso che quella mattina nessuno sarebbe voluto entrare, anticipando di un anno i tempi, fu lì che lessi la set list di quello che sarebbe stato l’unico album live degli Oasis, mentre intralciavamo la linea telefonica.

Il retro copertina che mostra la trionfale setlist


Il doppio cd rosso lo comprai al vecchio Città Mercato, quando c’era Trony.
Non avevo mai acquistato un album doppio e, quando la commessa mi disse il prezzo, 47.000 mila lire, le dissi “Scusa? Come mai così tanto?” E lei “È un album da 2cd!”, “Ah…ok!”
47.000 lire.
Oggi si trova a stento 10€.
Pazzesco!

Il disco ritrare la panoramica del vecchio stadio di Wembley


O come quando ne comprai la versione in vhs, un anno dopo. Copertina bianca, autunno 2001.
Ero a Napoli con gli amici dell’epoca.
Avevo da poco speso quei pochi soldi che avevo in tasca per altri dischi dei quali ora non me ne rammento.
Mi erano rimaste credo 15 o 20.000 lire che, in mano ad un quattordicenne di inizio ventunesimo secolo, era come se si potesse comprare il mondo intero.
Ma non bastava per i dischi o le vhs dei concerti.
Giù piazza del Gesù c’erano ancora i negozi di dischi, che stavano vivendo la loro ultima epoca d’oro, la quale, a sua volta, stava iniziando a consumarsi per volgere definitivamente al termine.
Uno di quei negozi aveva due piani.
Le pareti delle scale erano tutte contornate di musicassette e poster di ogni genere, band ed arista di ogni parte del mondo.
Uno di quei negozi di dischi dove uno come me ne farebbe il proprio regno.
Sopra, c’erano i reparti dedicati ai singoli ed alle vhs e lì, proprio lì, trovai quella videocassetta che stavo cercando da un anno, perché a Città Mercato non era mai arrivata.
Non appena la presi, sembrava che io stessi stringendo il Santo Graal.
I miei amici mi videro impazzire, anche se conoscevano la mia ossessione per loro.
Era il periodo in cui ci prestavamo i soldi a vicenda per le nostre questioni personali, che si risolvevano sempre allo stesso modo: panino e birra alla solita rosticceria, il sabato sera, prima che le ragazze entrassero nelle nostre vite.
2 ore dopo, ero a casa, a gustarmi felicemente quel concerto che, per un anno intero, avevo ascoltato e suonato centinaia di volte.

La vhs del live

L’avevo ascoltato così tante volte, che sembrava far parte di me, tanto da abituare le mie orecchie ad ascoltare quelle canzoni.
Come quella volta in cui, rimettendo a posto la mia stanza ed i miei (pochi) dischi che avevo all’epoca, non riuscivo più a trovare uno dei due cd dell’album doppio, rosso.
A casa c’era un amico e mi feci dare una mano da lui a cercare quel cd che non riuscivo a trovare da nessuna parte.
Non riuscivo a capire come fosse possibile, vista la mia ossessione per l’ordine delle mie cose.
Niente. Il cd non si trovava.
Fino a quando iniziai a canticchiare una delle canzoni che stavamo ascoltando, per poi rendermi conto che il cd che stavo cercando come un forsennato da mezz’ora, lo stavamo ascoltando.
O come quando, verso la fine dell’estate del 2001, trovai la versione in dvd, quella azzurra, che era uscita da poco ed aveva ancora il prezzo originale.

La versione blu in dvd


O quando, nel 2005, a due mesi dai miei 18 anni, trovai per caso la doppia musicassetta, quella gialla, sempre nel caro Città Mercato.

L’album in versione doppia musicassetta


Un disco al quale sono molto affezionato per tanti motivi. Mi ha aiutato nei periodi bui della mia vita, soprattutto ai tempi della scuola, nelle prime delusioni amorose ed altro ancora.
20 anni.
20 anni in cui tanta gente mi ha denigrato perché li amavo. Ogni tanto capita ancora, ma non ci faccio più caso.
E, comunque, sti gran cazzi.

20 anni.
Sembra ancora ieri.

I 25 Anni Di Wonderwall Degli Oasis

Ascolto consigliato per la lettura: Oasis – The Masterplan

Gli anni non passano solo per noi persone, ma anche per le canzoni.
Già.
Chi non ha mai cantato i versi di “Wonderwall”, la canzone più famosa del quintetto di Manchester? Chi non l’ha mai dedicata al proprio moroso o alla propria morosa? Chi musicista non ha cercato di fare colpo ad un falò o nel privato suonandola per una persona in particolare?

Ebbene, anche il suo creatore, Noel Gallagher, lo ha fatto. O, almeno, così disse negli anni ’90, sostenendo che “Wonderwall” fosse dedicata all’allora sua fidanzata, Meg Matthews e quest’ultima, per ricambiare un gesto così sentito ed importante, gli fece costruire la chitarra con la Union Jack che Gallagher avrebbe poi utilizzato per i due concerti all’ex Maine Road di Manchester, nell’aprile del 1996 per il loro ritorno a casa.
Il 1995 è ormai lontano e canzoni come questa non se ne scrivono più. Ma è sempre un piacere immenso tornare a quegli anni, riascoltando sia lei che gli altri pezzi del singolo, le famose b-sides, tanto amate dai fan.

La copertina del singolo di Wonderwall

La copertina del singolo ritrae una ragazzina all’interno di una cornice che viene retta da una mano anonima. Il progetto iniziale vedeva Liam come protagonista della foto, ma la leggenda vuole che Noel si trovasse a passare lì per caso in taxi, proprio mentre Michael Spencer Jones, fotografo delle copertine della band, stesse scattando le foto per la copertina. Noel scese dal taxi infuriato, sostenendo che la protagonista della foto sarebbe dovuta essere una ragazza e non Liam.
Così, visto che il luogo delle foto era nei pressi della casa discografica degli Oasis, la Creation Records, fu chiamata all’appello Anita Heryet, un’impiegata dell’etichetta.
Lo scatto, come già detto, fu affidato al grande talento di Michael Spencer Jones, mentre il design al grande Brian Cannon.

L’idea originale in cui Liam era il protagonista della copertina

Il video, reso celebre da ogni programma musicale di quel periodo, oggi su YouTube conta quasi 290 milioni di visualizzazioni, sul canale ufficiale della band.
Di recente, in occasione dei 25 anni del disco “(What’s The Story) Morning Glory?“, ne è stata pubblicata una versione restaurata in HD e potete vederla a questo link

Noel Gallagher
Liam Gallagher
Paul “Bonehead” Arthurs

Alan “Whitey” White

Ed è l’unico nel quale non appare lo storico bassista Paul Guigsy McGuigan, il quale aveva lasciato momentaneamente la band a causa di un esaurimento nervoso, per poi abbandonare definitivamente la band nel 1999.
Al suo posto, subentrò Scott McLeod, bassista degli Ya Ya’s, che si trovò al posto giusto nel momento giusto. Ma durò un paio di settimane. Giusto il tempo di finire in uno dei video musicali più famosi di sempre.
L’uomo (sbagliato) al momento giusto.

Pubblicato il 30 ottobre 1995 per la Creation Records, la tracklist del singolo di “Wonderwall” è da paura, che inizia con un classico per terminare con un altro grande classico:

1. Wonderwall
2. Round Are Way
3. The Swamp Song
4. The Masterplan

I 25 Anni di (What’s The Story) Morning Glory? degli Oasis

Ascolto consigliato per la lettura: Oasis – Champagne Supernova

Bentornati, o benvenuti, sul mio blog.

Lo so, è da un po’, un bel po’ che manco.

E quale occasione migliore per tornare a scrivere se non quella di celebrare il 25° anniversario di uno dei dischi più venduti di sempre?
Il 1995 è un anno che sembra essere lontano ere. Sembra quasi di ricordare un’altra epoca lontana lontana.

Era il periodo pre internet, pre digitale. Non esistevano i social e per fare una telefonata si usavano il telefono fisso di casa o le cabine telefoniche ed era subito caccia alle schede telefoniche.
. Le fotografie si scattavano con la macchina fotografica e si portava il rullino dal fotografo.
Nessuno avrebbe mai pensato neanche lontanamente di scattare delle fotografie con un telefono. All’epoca, sembrava pura fantascienza.
In Italia, la musica che andava per la maggiore era quella che componeva le compilation di Hit Mania Dance Estate. Roba di lusso, rispetto a ciò che abbiamo ora.

In Inghilterra, invece, le cose andavano un po’ diversamente.

Nel 1995, stava esplodendo un fenomeno che dalle nostre parti sarebbe arrivato un po’ tardi: il Britpop ed i capostipiti di quell’era musicale furono senza ombra di dubbio gli Oasis.
Arrivati sulla scena musicale l’anno precedente, nell’agosto del 1994 con l’album di debutto Definitely Maybe, gli Oasis conquistarono il mondo, sconvolgendo tutto ciò che c’era di ordinario fino a quel momento.

Era il 2 ottobre 1995 quando uscì il loro disco di maggior successo, (What’s The Story) Morning Glory?
A tutt’oggi, è il terzo disco più venduto in Inghilterra, dopo SgtPepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles ed il Greatest Hits dei Queen.

Chi scrive, nel 1995 era ancora troppo piccolo per capire cosa fosse la musica. Sarebbe arrivata soltanto due anni più tardi, quando gli Oasis erano all’apice del successo, ma già in una fase calante ed il Britpop stava sparando le ultime cartucce di quella che, negli anni a venire, sarebbe stato ricordato come l’evento più stimolante di tutti gli anni ’90.
Perché sì, gli Oasis SONO gli anni ’90. Così come i loro cuginetti di Wigan, i The Verve, dei quali Urban Hymns (1997) ha compiuto 23 anni proprio pochi giorni fa, il 29 settembre.

Registrato ai Rockfield Studios in Galles, (What’s The Story) Morning Glory? era stato concepito come un album che avrebbe portato gli Oasis al “Top del top”, per citare Noel Gallagher nel documentario Supersonic (2016).

Il disco di apre con Hello, un po’ come se gli Oasis salutassero i fan per essere tornati in giro, anche se non si erano fermati affatto dal giorno stesso in cui si formarono, in quel lontano 1991.

Quando ascoltai per la prima volta Roll With It, non appena Alan White parte con la batteria, pensai subito ai Beatles ed alla gioia che trasmettevano le canzoni dei Fab Four.

Wonderwall è la canzone che è stata resa famosa in tutto il mondo. Come disse Noel Gallagher nel 2002: “Una volta che quella canzone uscì, esplose ed iniziò a vivere di vita propria.” Ed è così. Tutti conosciamo Wonderwall. È la canzone con la quale, tutti noi chitarristi, abbiamo provato a conquistare il cuore di una ragazza che, probabilmente, non ci avrebbe cagato di striscio. Così come è una di quelle canzoni che riesce ad unire tutti, in qualsiasi posto, stanza, pub, bar o casa del mondo.
Così come esattamente la prossima canzone.

Don’t Look Back In Anger è diventata un inno da subito. È facile capirlo da quando la ascolti la prima volta che sarebbe diventata una canzone di successo. Il famoso “So, Sally can’t wait” fu suggerito da Liam a Noel durante un soundcheck, probabilmente alla Sheffield Arena, il 22 aprile 1995, in cui fu eseguita dal vivo per la prima volta.
Liam consigliò a Noel di tenere il verso, che in un primo momento non faceva parte della canzone. Quando Noel la cantò, pensò che Liam fosse un genio e gli disse: “Anche se diventerà un successo, non intascherai un soldo per questo.”
In seguito, Liam avrebbe dichiarato che avrebbe voluto cantarla lui, ma che non sarebbe riuscito a cantarla così bene come il fratello. Ed aveva ragione.
Dal 2017, è diventata l’inno moderno della pace, dopo gli attentati terroristici a Manchester, avvenuti il 22 maggio 2017.

Hey Now! è una delle perle di tutta la discografia degli Oasis. Una di quelle canzoni in cui non puoi dire che ricordano qualcun altro. Hey Now!, come per pezzi come ColumbiaAcquiesce Some Might Say, è semplicemente Oasis.
Uno dei pezzi in cui Liam Gallagher si è meritato di essere stato nominato miglior voce della sua generazione, negli anni ’90.

Qui abbiamo uno dei brevi interludi che avremmo poi tutti ascoltato in The Swamp Song, come b-side del singolo di Wonderwall, in cui troviamo anche Paul Weller alle chitarre che si unisce alla band per la jam strumentale, mentre la batteria di Alan White è presa dall’esibizione di Glastonbury dello stesso anno (1995).

Sul vinile, qui abbiamo uno dei pezzi più folli degli Oasis, Bonehead’s Bank Holiday, cantata da Noel, in cui si parla di uno strano viaggio fatto in Spagna e di una ragazza incontrata lì, Avaline, che era in viaggio con la madre e che non stava mai zitta.

Some Might Say fu il primo singolo degli Oasis ad arrivare al numero 1 in classifica. Fu l’ultima canzone nella quale appariva Tony McCarroll alla batteria, per fare posto ad Alan White, fratello di Steve che militava nella band di Paul Weller.

Cast No Shadow è uno dei gioielli di casa Gallagher. Dedicata al genio di Richard Ashcroft, come viene riportato nei crediti del disco. Fu scritta nel periodo in cui i Verve si erano sciolti per la prima volta nel 1995 e Noel decise di dedicarla a Richard Ashcroft, per incoraggiarlo a non demordere. E fece bene, visto come andarono le cose per i Verve due anni più tardi.

She’s Electric è una di quelle canzoni dalle melodie gioiose ed armoniose, che parla di una ragazza dalla famiglia eccentrica.

Morning Glory è la titletrack dell’album. Uscito come singolo solo in Australia, è una delle canzoni più energiche dell’intera discografia degli Oasis, con un sound punk e rock and roll ed è stata eseguita dal vivo fino alla fine della loro carriera.

Altro intermezzo di The Swamp Song che fa posto ad un altro gioiello del disco.

Champagne Supernova
Questa è una di quelle canzoni che non si possono descrivere. Si devono vivere. Sì, perché le canzoni non vanno solo ascoltate e basta. Vanno vissute, vanno sentite. Sono parte di noi stessi e questa canzone è una di quelle.
Qualche anno fa, Noel Gallagher rispose ad un giornalista che gli aveva chiesto cosa significasse Champagne Supernova.
Lui rispose dicendo: “Non lo so. Non ne ho proprio idea. L’altra sera la stavo suonando con la band, da solista. Ad un certo punto, vedo un tizio che tiene in mano una bandiera ed il pugno stretto in alto, mentre cantava Champagne Supernova, piangendo.
Ecco cosa significa!”

Esperienze personali

Chi scrive, ha ascoltato questo disco per la prima volta ben 23 anni fa, il 23 aprile 1998.
Era piccolo, ed aveva un cugino che aveva, a sua volta, un amico che vendeva i cd delle band che andavano in voga in quel periodo.
Tra questi, c’erano anche gli Oasis con (What’s The Story) Morning Glory?.
Pochi giorni dopo, quel cugino trentenne rese felice il cugino undicenne che aveva solo Be Here Now e, da quel momento in poi, mise a palla quel disco ogni giorno per anni fino a consumarlo.
Oggi, quel cugino grande non c’è più. Un cancro se l’è portato via. Quel cugino piccolo, che oggi non è più tanto piccolo, gli sarà sempre grato per avergli procurato una copia di uno dei dischi più famosi della storia della musica. Va in giro con la propria tribute band, cercando di omaggiare al meglio il ricordo di quel cugino andato via troppo presto e la musica degli Oasis, della quale oggi abbiamo tanti bei ricordi.
Tanti ricordi legati a questo disco. Gioie, dolori, momenti belli e momenti brutti. 25 anni fa, una band indie di Manchester sconvolse il mondo con il terzo album più venduto nella storia dell’Inghilterra.Il 1995 era un anno pre social, per ascoltare un disco dovevi comprare il cd, la musicassetta o il singolo. Era una magia che non si può spiegare.
Where were you while we were gettin’ high?
Oggi ci stiamo sentendo tutti un po’ vecchi, ma possiamo dire di essere cresciuti con un pezzo della storia della musica.

Grazie, Oasis.
Grazie, cugino.

Nato Negli U.S.A. – I 35 Anni di Born In The U.S.A.

Ascolto consigliato per la lettura: Bruce Springsteen – Born In The U.S.A.

Il 4 giugno del 1984, il mondo veniva a conoscenza di uno dei dischi che sarebbe stato una delle colonne portanti della storia del rock. “Born In The U.S.A.”, di Bruce “The Boss” Springsteen.
Reduce dal disco precedente, “Nebraska” (1982), dalle atmosfere cupe e pessimiste e registrato totalmente nella sua abitazione in New Jersey con un registratore ad otto piste,  con “Born In The U.S.A.”, Springsteen ottenne il successo planetario con quest’album, che fu un po’ il disco della scommessa, visto che erano ben 4 anni che non si esibiva dal vivo ed il pubblico iniziava a sentire la sua mancanza.
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I tempi erano cambiati: il Boss aveva cambiato musica, incidendo un disco di 12 canzoni tutte orecchiabili ed adatte alle radio. Le tipiche canzoni che avrebbero ascoltato i personaggi delle sue canzoni, i suoi Wild Billy, Killer Joe, Rosalita, Crazy Jane, Jack The Rabbit, Spanish Johnny e così via. 12 canzoni che ti fanno venire voglia di accendere la radio, prendere la tua ragazza e dirle “Andiamo, baby, lasciamo che il vento ci accarezzi mentre andiamo a tutta velocità sulle highways.”
Ma non era solo la musica ad esser cambiata, anche Springsteen cambia: fa palestra, i bicipiti gli si ingrossano diventando il sex symbol degli anni ’80, oltre a diventare LA rockstar nel pieno di quella decade.
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Ma non è tutto. verso la fine di giugno 1984, il regista Brian De Palma lo fa addirittura ballare e lo fa nel videoclip del singolo di lancio, “Dancing In The Dark“, dove possiamo vedere un quasi trentenne Springsteen prendere per mano dal pubblico una giovanissima Courteney Cox, sulle note del verso “Hey, baby!”.
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Springsteen con una teenager Courteney Cox, nel video di Dancing In The Dark.

La titletrack del disco è un grido di rabbia per il cittadino americano comune, che è reduce delle difficoltà della vita e, come tutte le canzoni sulla guerra, inevitabilmente crea dei malintesi.
In quel periodo, l’America era capeggiata dall’ex Presidente Ronald Reagan, il quale, durante un discorso, disse che “Il futuro dell’America resta nel messaggio di speranza che si trova nelle canzoni di un uomo ammirato da tanti giovani americani: Bruce Springsteen del New Jersey”. 
Springsteen, che non ha mai amato mischiare musica e politica, come un vero artista che si rispetti, prese gentilmente le distanze dalle parole di Reagan ad un concerto pochi giorni dopo. E così ha continuato successivamente, ogni qualvolta che gli venissero poste domande al riguardo.

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La canzone “Born In The U.S.A.” è una canzone che parla di un reduce della guerra del Vietnam, tornato nel suo Paese senza essere più lo stesso, ha perso il lavoro ed un caro amico, ritrovandosi senza più niente nonostante fosse andato a combattere per la propria Patria.
Basti pensare ai versi “Tornato a casa nella raffineria, il capo mi disse – figliolo, se dipendesse da me… – Sono andato per incontrare un signore del V.A. (associazione dei veterani del Vietnam) e mi disse – figliolo, non capisci ora?
Oppure, ancora: “Avevo un fratello a Khe Sahn che combatteva i Viet cong. Loro sono ancora lì, lui è morto. Aveva una donna che amava a Saigon, ho una foto di lui tra le braccia di lei. Sono dieci anni che brucio per strada. Non ho nessun posto dove correre, né dove andare.”

Se questa è una canzone di patriottismo per il proprio Paese…

Wembley 01.jpgSpringsteen al Wembley Stadium, nel luglio 1985.

Nel videoclip della canzone, possiamo vedere uno Springsteen che ricorda un po’ “Un Rocky/Rambo armato di chitarra” (Cit.), che urla a pieni polmoni e a voce rauca la “disgrazia” di essere, appunto, nato negli U.S.A. e che il famoso “american dream” che cantava in “Born To Run” 9 anni prima, era solo un’illusione.
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Un’immagine dal video della canzone

Grazie al “Born In The U.S.A. Tour”, Springsteen e la E Street Band arrivarono finalmente in Italia, per la prima volta. Il concerto allo Stadio San Siro, del 21 giugno 1985, è rimasto nei cuori di tutti i fan italiani di Springsteen. Finalmente, il Boss si era accorto anche di noi, dei suoi fan italiani che sono quelli che gli sono più affezionati in tutto il mondo. Fino a quel momento, la venue più vicina raggiunta era stata Zurigo nel 1981 per il “The River Tour”. Concerto al quale presero parte migliaia di fan italiani.
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Da sinistra verso destra: Nils Lofgren, Clarence “Big Man” Clemons e Bruce Springsteen, a San Siro nel giugno 1985.

E pensare che, inizialmente, la canzone che da il titolo al disco fu scritta per il suo predecessore, “Nebraska” (1982), in una sentita versione acustica. Siamo stati fortunati che la conservò, trasformandola in un inno di rabbia.

Questo, inoltre, fu l’ultimo disco sia nel quale appare la E Street Band al completo, sia dove nella formazione vi è Steve Van Zandt, che dopo le registrazioni del disco lasciò la band per dedicarsi ad altri progetti e, al suo posto, furono reclutati Nils Lofgren e la corista Patti Scialfa. Quest’ultima, nel 1988, proprio durante le date italiane del tour, divenne la signora Springsteen e lo è tutt’ora.
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La E Street Band nel “Born In The U.S.A. Tour”. Da sinistra verso destra: Clarence Clemons, Bruce Springsteen, Nils Lofgren, Garry W. Tallent e Patti Scialfa.

Essendo nato nel 1987, avrei scoperto anni dopo l’esistenza di Springsteen e della sua musica.
Accadde nell’inverno del 1998, quando su Mtv fu mandato in onda per diverse volte nella stessa settimana proprio il video di “Born In The U.S.A.”, per promuovere la raccolta “Tracks“, del 1998. Mai più Springsteen sarebbe apparso nelle televisioni italiane, internet era ancora un universo lontano anni luce e, per riascoltare qualcosa di suo, avrei dovuto aspettare l’estate del 2001 quando, su Italia 1, furono mandate in onda 6 canzoni del “Live In New York City”, uscito nel marzo dello stesso anno. Mi armai di videoregistratore e, da lì in poi, divenni un fan di Springsteen trascorrendo la mia adolescenza a comprare la sua discografia in cd, in vinile, libri ed in dvd, nell’ultimo periodo in cui da queste parti c’erano i negozi di dischi.
Oggi ho 32 anni e posso dire con fierezza di esser stato a 4 suoi concerti che, tutt’ora, restano i più belli a cui io sia mai stato.
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Una foto scattata da me, al mio primo concerto di Springsteen. Roma, Stadio Olimpico (19 luglio 2009)

Al prossimo post.

Yawp – I 30 Anni De L’Attimo Fuggente

Ascolto consigliato per la lettura: Maurice Jarre – Keating’s Triumph

“Andai nei boschi per vivere con saggezza, vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.”

Oggi, il 2 giugno 1989, usciva nelle sale statunitensi il film che ha segnato la vita di molte persone, me compreso, con i suoi insegnamenti, con le sue speranze, i suoi sogni e quel desiderio di vivere appieno la vita in ogni suo giorno. Anche quando le cose sembrano andar male e mai migliorare.

Sto parlando de “L’Attimo Fuggente”, “Dead Poets Society” il titolo originale.

Questa è una di quelle pellicole che hanno reso il cinema un posto migliore. E, dopo 30 anni, invecchia davvero bene.

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Il film racconta la storia di un gruppo di ragazzi che frequentano una severa scuola privata americana, che prepara i ragazzi ad essere i futuri pilastri degli Stati Uniti, futuri medici, avvocati e così via, seguendo le rigide regole sulle quali si basava la società umana, nell’America degli anni ’50. Un’epoca, nella quale, chi era giovane era sempre in torto, mentre gli adulti erano sempre nel giusto. Spesso, anche se utilizzando metodi poco ortodossi.
I ragazzi della Welton Academy sono dei ragazzi come tutti gli altri: invincibili, insicuri, inesperti in diversi campi, succubi delle regole dei propri severi genitori e della società e, soprattutto, giovani. Abituati a non pensare con la propria testa, in un sistema pensato apposta per imporre loro il modo di vivere, arriva per loro il momento della svolta con l’arrivo dell’anticonformista prof. John Keating, interpretato da un magistrale Robin Williams, il quale insegna ai ragazzi, fin dal primo giorno, a pensare con la propria testa, a dare importanza anche ai loro sogni, alle loro ambizioni, andando contro il volere delle imposizioni senza vie d’uscita imposte dai loro genitori che li avevano “abbandonati” in una scuola privata, dove gli unici adulti presenti erano gli insegnati ed il preside.

L'Attimo Fuggente 14.jpg“Oh capitano, mio capitano! Chi conosce questi versi?” è così che Keating debutta nella prima lezione con la sua classe, tenendo una lezione sul non sprecare la propria vita, ma di renderla straordinaria, facendo osservare loro una foto nel corridoio principale della scuola, raffigurante l’immagine di un gruppo di ex studenti che erano stati lì, molti anni prima di loro. Facendo osservar loro molto attentamente quella foto, Keating li sprona a vivere appieno la loro vita, perché nel momento in cui lui sta parlando ai suoi ragazzi, i ragazzi della foto sono “concime per i vermi”.

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Da lì in poi, la vita dei ragazzi della Welton Academy cambierà per sempre. Soprattutto, quando i ragazzi scoprono che il loro Capitano non solo aveva frequentato la loro stessa scuola, quando era anche lui uno studente, ma che aveva fatto parte di un gruppo chiamato “La setta dei poeti estinti”. Quando i ragazzi chiedono lui di cosa si trattasse, Keating spiega loro che si trattava di un gruppo di ragazzi che si incontravano in una grotta poco distante dalla scuola, leggendo e recitando poesie e che, per loro, quello era un modo per “vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita”.

Storica la scena nella quale il professor Keating invita i suoi studenti a salire sulla cattedra, per mostrar loro che tutto può esser visto da un’altra prospettiva.

L'Attimo Fuggente 06.jpg“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”

Il prof. Keating è l’insegnante che noi tutti avremmo voluto ai tempi della scuola, un professore che insegna ai ragazzi l’arte della poesia, andando contro il metodo tecnico adottato ancor oggi nelle scuole, anche qui in Italia, secondo il quale sarebbe più idoneo studiare la poesia: e cioè studiandola seguendo schemi come se fosse un problema di aritmetica, quando in realtà la poesia scaturisce dal cuore, dall’animo umano, dai suoi sentimenti e dalla passione della razza umana. La poesia non si studia, la si vive. Quanto è ancora attuale il pensiero del professor Keating?

Ricordo perfettamente i miei anni al liceo, in cui le insegnanti di italiano ci imponevano di studiare la poesia ed i versi dei poeti come se noi fossimo degli architetti che cercavano di capire meglio come costruire un palazzo. Io, che già al liceo suonavo la chitarra e scrivevo canzoni, non ero mai d’accordo con questa linea di pensiero medievale di studiare la poesia. E torniamo di nuovo al punto di prima: i sentimenti non si studiano, si vivono. La poesia è questo.

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L’Attimo Fuggente è uno di quei film che emozionano fin dalla prima volta in cui lo si guarda e così continua ogni volta, rendendo sempre di più straordinaria la nostra vita.

L’unico punto dolente è che ancora è difficile realizzare che Robin Williams non ci sia più. Il Capitano sarà sempre il nostro capitano, anche se adesso è anch’egli concime per i vermi.

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Al prossimo post.

Game Of Thrones – Il Mio Piccolo Tributo

 

Oggi, o meglio, questa notte, andrà in onda l’episodio finale della stagione conclusiva di Game Of Thrones, in Italia Il Trono Di Spade.
Essendomi appassionato a questa serie solo da poco più di un anno, nel corso di questi 8 anni ho conosciuto tantissime persone che mi hanno posto la famosa domanda: “Tu lo guardi Il Trono Di Spade?”, con loro enorme meraviglia quando rispondevo sempre “No!”.
E’ sempre stata una serie che avevo intenzione di iniziare a seguire, ma solo DOPO che fosse stata conclusa definitivamente, come faccio con la maggior parte delle serie che seguo perché non ho la pazienza di aspettare anni per sapere il finale. E, conoscendomi, tra un paio di mesi avrei iniziato a godermela con calma, senza aspettare il finale di stagione.
Anche se, devo dire, che si sta rivelando un’esperienza molto pacata. Anche se per i fans, quelli veri, coloro che vivono per la serie, non è una situazione tranquilla. E ci sta, perché è una seria che ti prende e riesce a coinvolgerti molto emotivamente.
Comunque, tornando al motivo principale del post, da chitarrista ed appassionato della serie, non potevo fare a meno di registrare in un video il mio piccolo tributo alla serie che, negli ultimi mesi, mi ha coinvolto parecchio.
Ormai l’Inverno è arrivato e, stando a questo singolare mese di maggio 2019, ci sta tutta.
Spero che apprezziate. Trovate il link in alto al post.
Buon ascolto.

Al prossimo post.

La Leggenda Di Dennis Rodman

Ascolto consigliato per la lettura: Pearl Jam – Do The Evolution

Nella pallacanestro, sono tanti gli episodi singolari che capitano nella vita di un giocatore, rendendolo una leggenda.
Uno di questi è Dennis “The Worm” Rodman, il quale, oggi, compie 58 anni.
Vincitore di cinque campionati Nba, 2 con i Detroit Pistons (1989 e 1990), 3 con i Chicago Bulls di Michael Jordan (1996, 1997 e 1998).
Sette volte vincitore del premio come miglior rimbalzista della lega. Alto cm 201, si è fatto conoscere al pubblico per il suo carattere stravagante e trasgressivo, sia dentro che fuori dal campo. Avete presente George Best? Ecco, esattamente come lui, si comportava non come uno sportivo, ma come una rockstar, vivendo una vita di eccessi.
Per rendere l’idea: il giorno della presentazione della sua autobiografia, “Bad As I Wanna Be“, si presentò vestito da sposa all’incontro della promozione del libro. E’ apparso anche in alcuni film, tra cui “Double Team“, con Jean-Claude Van Damme e “The Minis – Nani A Canestro“.

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Il protagonista Hanamichi Sakuragi, dell’anime giapponese “Slam Dunk“, è ispirato a lui e svolge lo stesso ruolo di Rodman.

Hanamichi Sakuragi
Aveva il vizio di presentarsi alle partite con un colore diverso di capelli, che andavano dal rosso al biondo, dal verde ai graffiti ed è stato uno dei primi giocatori di pallacanestro ad avere molti tatuaggi su varie parti del corpo.
Nonostante avesse il vizio di avviare risse in campo, è stato uno dei giocatori fondamentali per permettere ai Chicago Bulls di vincere 3 campionati di fila nella triade 1996-1998, insieme a Micheal Jordan, Scottie Pippen e coach Phil Jackson, aggiudicandosi il “three-peat“.
Nel 2011, è entrato a far parte della Basketball Hall of Fame, uno dei massimi riconoscimenti sportivi per la pallacanestro internazionale.

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Anni fa, lessi quest’articolo che mi colpì molto e credo che renda perfettamente l’idea della leggenda di DR.

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“Ex stella NBA dei Chicago Bulls del mitico three peat degli anni 90′, Dennis Rodman torna a far parlare di sè ancora una volta per le sue imprese fuori dal campo. Durante una telefonata ad un’emittente radiofonica di Miami, dove il pluricampione è intervenuto in merito alla situazione delicata dei Miami Heat, si è parlato di tutto tranne che di basket.

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Il conduttore, incuriosito dalla imbarazzante situazione, ha chiesto a Rodman cosa stesse facendo, dato che i rumori di sottofondo sembravano chiari e inconfondibili; l’ex cestista non ha svelato del tutto i particolari hot, ma ha lasciato intendere a qualcosa di veramente “piccante”. Dopo aver confessato di aver appena ricevuto sesso orale dalla ragazza in sua compagnia, tra risate e scalpore generale, il conduttore radiofonico ha chiuso la telefonata, non prima di aver chiesto al bizzarro Dennis il motivo per cui era intervenuto precedentemente. Insomma, Rodman ne sa una più del diavolo!”

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Link dell’articolo – http://www.ilpallonaro.com/2010/11/24/dennis-rodman-al-telefono-in-radio-mentre-fa-sesso/ 

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Al prossimo post.

I 70 Anni Di Topolino

Ascolto consigliato per la lettura: Oasis – Thank You For The Good Times

Bentornati sul mio blog.
In occasione della settimana dedicata ai 70 anni della pubblicazione di Topolino nelle edicole, ho deciso di pubblicare le parole del post del sito del Papersera. Perché, proprio oggi, in quel lontano 1949, usciva in edicola il numero 1 di Topolino. E, ancor oggi, esce regolarmente in edicola ogni mercoledì.
Buona lettura.

Accadde oggi… 7 APRILE 1949:

E’ una giornata epocale per il fumetto tricolore. Tra lo scetticismo generale, Topolino “libretto” n°1 sbarca in edicola, in una veste tutta nuova che prosegue le orme del Topolino giornale, chiusosi con il n°738, dopo oltre 16 anni dall’inizio delle pubblicazioni.
A causa del nuovo formato digest, o appunto libretto, più maneggevole del primo, fu inizialmente accolto con scarso entusiasmo dai vecchi appassionati, così come l’allora direttore Mario Gentilini, che si ricrederà ben presto. Topolino muta inoltre in un mensile di 100 pagine di storie esclusivamente disneyane, al prezzo di 60 lire, anziché le 15 del precedente settimanale. Si narra infatti che fu Walt Disney in persona a chiedere a Giorgio Mondadori, uno dei figli dell’editore Arnoldo, di trasformare il periodico da pubblicazione antologica in un albo che contenesse solo materiale Disney.

Il primo numero, anche per convincere il lettore fedele al passaggio di testimone, conteneva tra le varie storie l’ultima puntata di “Topolino e il cobra bianco”, iniziata sul giornale, e tutta una serie di rubriche scritte principalmente da Guido Martina, a quel tempo unico sceneggiatore Disney a lavorare per Mondadori. La leggendaria cover ricalcata da Ambrogio Vergani, con Topolino che marcia come capo di una parata, è la rielaborazione di una rarissima immagine promozionale di un ignoto autore pubblicata nella quarta di copertina del comic book Walt Disney’s Comics & Stories n°9, del giugno 1941.
Ristampata nel tempo in diverse versioni anastatiche almeno dieci volte, questa prima uscita, oltre all’alto valore strettamente monetario, rappresenta un pezzo di storia del fumetto italiano (oltre che di storia del nostro paese) e mondiale, che continua ancora oggi dopo tremilatrecentosei numeri nell’anno delle sue prime 70 candeline, con le celebrazioni già iniziate in questi giorni sul Topolino Magazine che troviamo in edicola.

Auguri, e lunga vita a Topolino!

Fonti – https://www.facebook.com/…/pb.9750379791…/3137104869648821/

http://www.papersera.net/papersera/t70_index.php

 

 

 

Copertina

L’Involuzione di Ligabue

Ascolto consigliato per la lettura: Ligabue – Leggero
Bentornati/e sul mio blog.
Stasera ho seguito per caso l’intervista a Luciano Ligabue da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, uno dei pochi programmi interessanti rimasti in televisione.
Ligabue si è esibito solo eseguendo dei pezzi storici della sua discografia: Una Vita Da Mediano, Tra Palco E Realtà e Certe Notti.
E pensavo delle cose. Più o meno le stesse da diversi anni a questa parte.
Il cambiamento che ha avuto negli ultimi 15 anni è stata una mossa che definirei una furbata.
Chi non è appassionato di musica, non può capire ciò che intendo. E con “appassionato” intendo qualcuno che ha una collezione di dischi in vinile e cd che conta centinaia di album di band ed artisti solisti, ed io sono tra questi, e non chi segue Sanremo per una settimana all’anno e si limita ad ascoltare la radio in macchina, perché questo non è essere appassionati di musica.
Le mie non sono critiche, ma precisazioni. Sia chiaro.
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Io ho 4 dischi di Ligabue nella mia discoteca personale che ogni tanto riascolto con piacere. Ma che non vanno oltre il 2003, cioè proprio l’ultimo anno in cui Ligabue ha scritto delle belle canzoni che non si somigliavano l’una con l’altra.
Dal 2004, precisamente da “Eri Bellissima“, ogni sua canzone è identica a quella precedente. Ogni volta che ascolto una sua “nuova” canzone in radio, sembra sempre che dal 2004 lui pubblichi sempre la stessa canzone. E non ne farò un discorso come fanno molti miei colleghi musicisti che schifano Ligabue perché “fa solo quattro accordi”, perché anche i Beatles o gli Oasis hanno scritto canzoni con “quattro accordi” e hanno cacciato dei classici senza tempo che ti toccano l’anima.
Negli ultimi anni, in Italia si è avuta una decadenza della musica senza precedenti, che negli anni scorsi non si era mai vista.
Ormai le radio sono nelle mani di gente senza talento che diventa famosa senza avere un talento, perché, per citare le parole di un’amica musicista “Essere famosi non significa essere bravi. Hitler, per esempio, è famosissimo.”
Grazie ancora per questa perla, Simona.
Ligabue - Su E Giù Da Un Palco (1997)
I dischi di Ligabue che ho nella mia discoteca sono Buon Compleanno, Elvis (1995)Su E Giù Da Un Palco (1997), Radiofreccia (1998) Giro D’Italia (2003)
Tutti dischi risalenti al Ligabue di qualità, quello che aveva tante cose da dire nelle sue canzoni, prima che diventasse un fenomeno radiofonico come i Negramaro o Alessandra Amoroso o Emma Marrone.
In quei dischi ci sono perle come “Ho Messo Via”“Vivo O Morto X”, “Ho Perso Le Parole”, “Si Viene E Si Va”, “Lambrusco E Pop Corn”, “Metti In Circolo Il Tuo Amore”, per citarne alcune.
Al tempo, Ligabue piaceva anche a chi è appassionato di musica sia per i testi che per le melodie che non stancavano dopo i primi 10 secondi di ascolto. Era puro e sano rock and roll italiano, che se la giocava con un’altra grande band rock italiana: i Litfiba.
Anche nella direzione cinematografica è riuscito a dare prova di avere un talento in campo artistico. “Radiofreccia” (1998) è un grande film, ambientato negli anni ’70 che racconta le difficoltà della vita della gente comune, non cadendo mai nella banalità. Un po’ meno “Da Zero A Dieci” (2002), ma comunque un buon film.
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Un altro fattore che ha condizionato il sound delle canzoni di Ligabue è stato anche il cambiamento degli storici membri della band: Mel Previte alla chitarra, Antonio “Rigo” Righetti al basso e Roberto Pellati alla batteria hanno caratterizzato il “tipico” sound di Ligabue, il tutto con la direzione di Federico Poggipollini che è l’unico ad esser rimasto nella band.
E’ un po’ come quando Bruce Springsteen, agli inizi degli anni ’90, iniziò ad esibirsi con altri musicisti che non erano membri della sua storica E Street Band. I pezzi erano quelli, ma non erano più gli stessi. Erano cambiati. Non erano più quelli che il mondo conosceva prima. Peggiorarono molto e, infatti, Springsteen si esibì in giro con quei musicisti solo per un tour tra il 1992 ed il 1993. La band era formata da musicisti e coriste professionisti, ma che non erano fatti per suonare quelle canzoni che Springsteen aveva inciso 20 anni prima con altre persone. 
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Ed è ciò che provo quando ascolto il Ligabue di oggi. La formazione storica del live album Su E Giù Da Un Palco (1997) è LEI, quella che rendeva le canzoni di Ligabue LE canzoni di Ligabue.
Ed è il mio disco preferito di Ligabue.
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Ed è dal 2004 che ho smesso di seguire Ligabue con interesse. Stando in Italia, non si può fare a meno di venire a conoscenza dei suoi nuovi lavori. E’ impossibile. Quindi, vuoi o non vuoi, le sue nuove canzoni le senti. 
Ed il suo cambiamento è avvenuto seguendo la tendenza del pubblico italiano, che è cambiato rispetto a 20 anni fa. Negli anni ’80 e ’90, la gente acquistava i dischi e, spendendo soldi per i propri ascolti, il pubblico prestava più attenzione a ciò che ascoltava. Oggi, invece, che è tutto digitale e a portata di mano, la scelta è più superficiale e questo influenza tantissimo sia i gusti musicali che il mercato musicale. Soprattutto in questi tempi in cui i dischi non si vendono più come un tempo, perché ormai solo gli appassionati acquistano i dischi dei propri artisti preferiti e, di conseguenza, si punta tutto sui concerti. Vi siete mai chiesti come mai, negli ultimi 5-6 anni, i prezzi dei concerti siano aumentati così eccessivamente?
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Oggi, in Italia, la musica che si sente alla radio è fatta prettamente per chi non è appassionato di musica, ma per l’ascoltatore/trice medio occasionale che sente la musica in auto o durante le faccende domestiche.
Ecco il perché.
Potrebbero apparire parole di critiche, ma non lo sono. Semplicemente, per chi è appassionato di musica, tutto ciò è tremendamente triste. Perché, un tempo, la musica era un modo per ribellarsi, per sentirsi rivoluzionari, per uscire dalla noia della vita di tutti i giorni e per chi aveva qualcosa da dire.

Oggi vediamo gente come Young Signorino o il genere trap che sono un calcio alle melodie che hanno accompagnato l’umanità negli ultimi 100 anni della sua storia.
E, tutto ciò, è davvero molto triste.

E voi cosa ne pensate? Vi piace di più il vecchio Ligabue o quello nuovo? O anche voi lo odiate come tanti?
Al prossimo post.

Live Live Live – La Top 5 Dei Dischi Dal Vivo

Ascolto consigliato per la lettura: Bruce Springsteen – Prove It All Night (Live in New York City)

Bentornati sul mio blog.

Rieccomi, dopo un po’, a parlare di nuovo di musica. Questa volta, con un argomento che sta a cuore a molti amanti della musica: i concerti.
Quante volte abbiamo sognato di essere presenti nei dischi dei concerti dei nostri artisti preferiti per goderci appieno l’atmosfera e sentirci più parte di quel disco live?
Nell’era in cui andare ai concerti costa un capitale, un tuffo di nostalgia ci sta tutto. Ed ecco, quindi, la mia Top5 dei 5 dischi live a cui sono più legato.

5. Bruce Springsteen & The E Street Band – Live In New York City (2001)

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Il disco che mi ha fatto conoscere la musica di Springsteen, grazie ad un passaggio televisivo di 45 minuti del concerto, tenutosi al Madison Square Garden di New York nell’estate 2000.
Tour che serviva a promuovere la raccolta di 4 cd, “Tracks”, uscita nel novembre 1998 e che rese felici i fan del Boss di tutto il mondo, perché Springsteen tornava ad esibirsi con la storica E Street Band, dopo lo scioglimento avvenuto nel lontano 1988.
Rimasi molto colpito dal modo di fare show di Springsteen e dei suoi compagni di band, sempre pronti a sorridere durante le esibizioni, a fare casino, a coinvolgere il pubblico e ad essere seri durante l’esecuzione dei pezzi più profondi.
In particolare, durante l’esecuzione del pezzo “American Skin (41 Shots)”, nel quale Springsteen affronta l’argomento dei temi razziali che in America colpiscono ancora gli afroamericani.
La canzone racconta la storia di Amadou Diallo, un giovane afroamericano di appena 23 anni, ucciso dalla polizia americana con ben 41 colpi di pistola, a causa di un equivoco della polizia. Durante un controllo di routine ad un posto di blocco, la polizia chiede al giovane Amadou di farsi riconoscere e, mentre il giovane mise le mani all’interno del suo giubbotto in cerca dei documenti da mostrare, i poliziotti credettero che invece il ragazzo stesse per estrarre un’arma e così lo colpirono a sangue freddo.
“Inoltre la quantità incredibile di colpi esplosi provocò l’accusa verso i poliziotti statunitensi di brutalità, razzismo e facilità nell’utilizzo di armi. Springsteen è stato spesso boicottato dalla stessa polizia e dai simpatizzanti delle forze dell’ordine per l’esecuzione del pezzo.” (fonte Wikipedia)
Quella, per me, fu “l’estate degli anni ’70”, dato che stavo scoprendo molti dei gruppi rock anni ’70, Springtseen incluso e, a quel periodo, risale il prossimo disco.

Traccia migliore: American Skin (41 Shots)

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4. Deep Purple – Made In Japan (1972)

Deep Purple - Made In Japan (1972)

Altro live dalla mia “estate degli anni ’70”.
Fu il disco che mi fece conoscere la bravura e la carica di uno dei gruppi storici della storia del rock: i Deep Purple dei quali, proprio durante il corso di quell’estate, iniziai a suonare la famosa “Smoke On The Water” nella mia prima band da ragazzino.
Registrato durante il tour giapponese della band, nell’agosto del 1972, è uno dei dischi più famosi della band, sia per le leggende ad esso legate e sia perché in “Made In Japan” è possibile percepire la carica, l’energia che Ian Gillan e compagni trasmettevano nei loro concerti, nel cuore degli anni ’70.
Il riff di chitarra iniziale di Smoke On The Water è entrato nella storia della musica, quello che tutti i chitarristi provano a fare quando iniziano a strimpellare la chitarra ed è la versione più conosciuta, rispetto a quella originale in studio.
Il duetto di voce e chitarra tra Ian Gillan e Richie Blackmore in “Strange Kind Of Woman” è una delle sette meraviglie del mondo. L’esecuzione di “Child In Time” è una di quelle esperienze mistiche che una persona deve vivere almeno una volta nella vita.
Purtroppo, nonostante le varie voci al riguardo, quei famosi concerti in Giappone non furono mai filmati e, quindi, non esistono dvd che presentano gli show. L’unico materiale esistente, con lo stesso titolo del disco, è un documentario non ufficiale.
Considerato uno degli album fondamentali del rock, è immancabile nella collezione discografica di ogni amante della buona musica e degli album dal vivo. Comprato lo stesso giorno in cui acquistai “Live at Wembley ’86” dei Queen.

Traccia migliore: Strange Kind Of Woman

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3. Nirvana – Mtv Unplugged (1994)

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L’ultimo disco della band di Seattle, dopo la prematura dipartita di Kurt Kobain, del quale oggi sarebbe stato il 52° compleanno.
Io e questo disco fummo presentati da Mtv, prima che diventasse un canale super trash, nell’ultima sua epoca d’oro.
L’Mtv degli anime giapponesi, delle classifiche, degli Mtv Europe Music Awards (che ho sempre schifato a morte) e degli speciali dedicati alle band.
Proprio grazie ad uno di questi speciali, conobbi i Nirvana e la loro tormentata storia. Chi non ricorda gli “A Night With…” di Mtv?
Per chi non li conoscesse, erano dei programmi che raccontavano prima la storia della band, dalla nascita all’apice o scioglimento e, subito dopo lo speciale, veniva trasmesso un live della band, soprattutto negli anni d’oro della carriera.
Fu così che nell’inverno del 1999, venni a conoscenza dei Nirvana e di questo bellissimo live.
Nonostante non siano tra le mie band preferite, questo disco ha significato qualcosa per me.
E’ stato uno dei miei primi dischi personali, avuto all’età di 12 anni, proprio nel periodo in cui stavo conoscendo il mondo della musica.
Nonostante sia accordato tutto di un semitono più basso, questo disco è diventato storico esattamente come quello dei Deep Purple.
Ma a differenza dell’energico lavoro precedentemente elencato, questo è un disco interamente acustico, registrato negli studi della Sony a New York, nel novembre 1993.
Durante quell’occasione, la band prese dei musicisti di supporto, dato che Cobain non era un grande esecutore e per un live acustico era necessario avere un chitarrista che sapesse suonare bene le parti di chitarra.

Traccia migliore – All Apologies

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2.Bryan Adams – Unplugged (1997)

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Altro disco dalla serie dedicata agli Unplugged di Mtv, questa volta dell’artista canadese Bryan Adams.
Grazie a questo disco dal vivo, che è stato il primo album live che io abbia mai avuto, ho avuto modo di conoscere a fondo i lavori di Bryan Adams, che vanno ben oltre le solite hit quali “(Everything I Do) I Do It For You“, colonna sonora del film “Robin Hood – Il Principe Dei Ladri” (1991),Heaven“, “Summer Of ’69” o “Please Forgive Me“.
Questo disco dal vivo è una vera e propria raccolta delle migliori canzoni di Bryan Adams, nel quale l’artista e la sua band si mettono a nudo, eseguendo i propri pezzi rivisitandoli in chiave country e blues.
Il singolo di lancio fu “Back To You“, classico titolo da successone anni ’90, che rese il cantante canadese il belloccio della musica, quasi da tenere testa ad un giovane Leonardo Di Caprio, che proprio in quel periodo usciva al cinema con “Titanic“.
I Think About You” è stato il primo pezzo country che io abbia mai ascoltato ed imparato a suonare. Stesso discorso vale per il medley “If Ya Wanna Be Bad-Ya Gotta Be Good” è stato il primo pezzo blues della mia vita ed il primo che mi fece accostare il sesso alla musica, alla dolce ed innocente età di 12 anni. E, se vi state chiedendo perché, datele un ascolto e capirete.
Il disco si conclude con una romantica ballad classica dal titolo “I’ll Always Be Right There”, eseguita solo voce e chitarra. Il chitarrista, Keith Scott, si distingue per una toccante esecuzione del pezzo con una chitarra spagnola.

Traccia migliore – If Ya Wanna Be Bad-Ya Gotta Be Good

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1. Oasis – Familiar To Millions (2000)

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Al primo posto, va un disco che per me è stato molto segnante, sia come chitarrista che come fan della band di Manchester.
Nel novembre del 2000, avevo 13 anni. Suonavo la chitarra da 3 anni e non avevo molti dischi, né la stessa conoscenza chitarristica che possiedo oggi. E, soprattutto, non avevo mai visto gli Oasis dal vivo. Non di persona, almeno.
Pochi mesi prima, nel febbraio del 2000, gli Oasis avevano pubblicato il loro quarto disco in studio, “Standing On The Shoulder Of Giants”, titolo ripreso da una moneta da 2 sterline che Noel Gallagher si ritrovò tra le mani e la frase era ispirata da Isaac Newton, il quale affermò la storica frase: “Se ho visto più in là degli altri, è perché sono salito sulle spalle dei giganti.”
Il me tredicenne di allora, non capì il significato di tale espressione. Da adulto, poi, avrei dedotto che fosse, probabilmente, un’allusione all’uso di droghe.
La pubblicazione del live album fu annunciata in una delle serate “A Night With”, di cui sopra e, ovviamente, vi lascio immaginare la felicità di un tredicenne che viene a sapere dell’imminente uscita del disco dal vivo della propria band del cuore.
Registrato durante i concerti allo stadio di Wembley a Londra, il 21 ed il 22 luglio 2000, il disco racchiude 18 tracce, tra cui 2 cover: una di Neil Young, “Hey Hey, My My” e la beatlesiana “Helter Skelter“.
Lo si può definire un vero e proprio best of, siccome racchiude quasi prettamente i singoli della band.
Il giorno in cui andai al negozio di dischi per acquistarlo, non appena la commessa mi disse il prezzo (47.000 lire), mi venne un colpo. Non ero abituato a sentire cifre così alte per un cd, anche se era un doppio.
Lo consumai così tanto, da doverne riacquistare un’altra copia anni ed anni dopo. L’ho suonato quasi ogni giorno tra i 14 ed i 17 anni ed è proprio grazie a questo disco che oggi sono un chitarrista solista, che amo l’asta del microfono montata in un certo modo ai live con la band ed è sempre grazie a questo live album de adoro il casino dei feedback di chitarra alla fine delle serate con le mie band.

Traccia migliore – Gas Panic!

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E voi? Avete dei live che più amate in assoluto o che magari li preferite ai dischi in studio?

Al prossimo post.